Molte persone prostituite
sono state vittime, durante l'infanzia, di violenze psicologiche. Minore è il
riconoscimento della loro condizione di
vittime di maltrattamento, maggiore è
l'interiorizzazione delle parole distruttive che sono state ad esse rivolte. Il
disconoscimento della violenza subita può generare condotte autodistruttive. Farsi
male per non ammettere di aver subito il male dagli altri.
Si tratta di quelle ferite invisibili
delle quali le giovani vittime non si lamentano e che, tuttavia, aggrediscono
l'essere in profondità. Il maltrattamento psicologico è commesso con le parole,
ma anche con i silenzi, con i non detti,
con l'indifferenza.
Come rileva Jacques Lecomte,
dottore di ricerca in psicologia e cultore della materia all'Università di
Parigi X, il maltrattamento psicologico è, molto spesso, definibile come una
situazione generale di anaffettività, di umiliazione, di colpevolizzazione, di
terrore.
Il male che mi ha fatto mi rimarrà per sempre impresso
nella mente. Mi ha costretto a prostituirmi. Mi ricordo il suo sguardo: uno
sguardo che voleva dire "non vali niente", "sei una
nullità". (Laldja)
La violenza psicologica può
anche manifestarsi in modo dolce. Il ricatto affettivo, infatti, permette
all'adulto di imporre la propria volontà o di prescrivere dei divieti al
bambino "per il suo bene" o perché "non soffra troppo".
Il bambino che subisce
quotidianamente la violenza dei genitori sente negata la propria personalità ed
identità proprio da coloro da cui si attende, prima che da qualsiasi altra
persona, affetto e sostegno. "Ricordo un padre che non sopportava la
figlia. La trattava costantemente da puttana, da sgualdrina", racconta
Christian Besnard, psicologo clinico attivo anche presso la Corte d'appello di
Rennes. "Quando gli si chiedeva conto del suo comportamento, questo padre
rispondeva: "sono soltanto parole". Si può uccidere con le parole,
rileva Jacques Lecomte.
Certi genitori esercitano il
potere sui figli, in nome di principi educativi o morali, senza mai ricorrere
agli schiaffi. "Non sono violento, voglio soltanto farmi obbedire",
affermano certi adulti che ritengono di poter esercitare qualsiasi diritto sui
loro figli. Applicano alla lettera l'art.371 comma 1 del
Codice civile francese: "Il figlio, indipendentemente dagli anni che ha,
deve onorare e rispettare il padre e la madre".
Si è dovuta attendere la
Convenzione Internazionale sui diritti del fanciullo per riconoscere che anche
i bambini hanno dei diritti, osserva Christian Besnard.
Quando ero adolescente, mi diceva sempre che ero una
puttana.(Suzanne)
Uno stato di morte psichica
Un bambino vittima di
violenza psicologica non può crescere, non può costruire la propria
personalità, perché l'adulto si appropria del suo spazio psichico e gli nega il
diritto all'esistenza. Come rileva Bernard Lempert, il genitore mette in atto un omicidio della psiche del
figlio: fa in modo che il bambino sia il nulla. Individuiamo qui una costante:
non ci sono tracce, né sangue, né cadaveri. Il morto vive ed è tutto normale.
Secondo Christian Besnard, un
bambino che viene costantemente negato nella sua personalità e disprezzato
corre più rischi psichici di un bambino regolarmente picchiato. Infatti,
quest'ultimo può costruire la propria identità, pur subendo violenze fisiche,
perché può attribuirne la responsabilità all'adulto.
Il bambino ragiona secondo
uno schema dicotomico: ci sono le persone cattive che picchiano e quelle buone
che non lo fanno. Quando è vittima di violenze fisiche, il bambino giunge
rapidamente alla conclusione che è il genitore a comportarsi male, precisa
Jacques Lecomte.
Per contro, è difficile che
il bambino regolarmente umiliato, criticato, insultato, ma non picchiato dal
genitore attribuisca a quest'ultimo la responsabilità delle vessazioni che
subisce. E' incline piuttosto a fare più o meno inconsciamente questo
ragionamento: "mio padre (mia madre)
non è cattivo perché non mi picchia. Se mi ripete continuamente che non valgo
nulla, che non combinerò mai niente di buono nella vita, vuol dire che è
vero".
In queste condizioni, il
bambino interiorizza un senso di inutilità, di assenza di valore molto più
profondo di quello percepito dal bimbo che subisce maltrattamenti fisici.
Avendo svolto una ricerca su ex vittime di violenza, Jacques Lecomte ha
constatato che le persone che hanno subito un duplice maltrattamento (fisico e
psichico) ritengono praticamente tutte che è il maltrattamento psicologico a
produrre le più gravi conseguenze. Così, una donna che era stata vittima di
violenza psicologica durante l'infanzia raccontava: "Sono diventata
estremamente resistente alla violenza fisica, mentre è sufficiente che una
persona mi guardi con disprezzo perché mi senta distrutta".
Il timore del giudizio e
dello sguardo altrui, la coscienza del disprezzo che i clienti nutrono nei loro
confronti, il clima di paura che provano quotidianamente traumatizza le persone
prostituite più della violenza fisica.
Per me, i clienti sono violenti. Ci sono i violenti
fisici, i bruti (io pago, tu taci ed obbedisci), ma anche gli altri sono violenti,
psicologicamente, attraverso l'uso di strumenti di pressione. In definitiva, ho
l'impressione che i clienti preferiscano le donne disperate. Questo li eccita
di più. Amano la sfida. (Naïma).
Jacques Lecomte nota come la
stragrande maggioranza dei bambini che subiscono violenze fisiche patiscono
anche maltrattamenti psicologici. Al contrario, un numero non trascurabile di
bambini che subiscono maltrattamenti fisici non subisce invece maltrattamenti
psicologici.
Le vittime di soprusi
psicologici corrono un grave rischio, perché sono inclini ad attribuire solo a
se stesse la responsabilità della violenza che subiscono. "Il papà è buono perché non mi picchia. Se mi
tratta da stupido, ciò significa che lo sono". Al contrario, un
bambino che è regolarmente picchiato da uno dei genitori, benché possa sentirsi
in parte più colpevole di quanto sia, finisce generalmente per approdare alla
conclusione che la violenza che si abbatte su di lui è anormale, eccessiva. Se
questo genitore gli dice che lui non vale niente, se lo umilia, il bambino
può attribuire questi comportamenti alla
"cattiveria" del genitore, osserva Lecomte.
Il senso di colpa della vittima
Poiché il bambino che subisce
maltrattamenti psicologici, non è in
grado di attribuire la responsabilità di questa violenza ai genitori, si sente
colpevole di quel che subisce.
Il bambino pensa che il
motivo per cui non è stimato dai suoi genitori debba essere ricercato nel fatto
che il suo comportamento non corrisponde alle loro aspettative, ai loro
desideri. Se gli si dice ripetutamente che è una nullità, un buono a nulla, il
bambino interiorizza questo giudizio e si sente colpevole di non essere
all'altezza, spiega Christian Besnard. E' lui a sbagliare! Vive allora un senso
di colpa nevrotico.
Questo senso di colpa è tanto
più forte in quanto il bambino non può assolutamente rimettere in discussione
la parola del genitore: ha troppa paura di perdere il suo amore! Come rileva
Marie-France Hirigoyen: è molto facile manipolare i bambini che cercano sempre
di trovare delle giustificazioni al comportamento delle persone che amano. La
loro tolleranza è illimitata. Sono pronti a perdonare tutto ai genitori, a
comprenderli, ad accollarsi la responsabilità di quel che accade, a sforzarsi
di capire perché i genitori sono scontenti di loro.
Il bambino vittima di
violenze psicologiche che pensa di essere privilegiato rispetto a quelli
picchiati vive un malessere permanente: "io almeno non vengo
picchiato". Così, questo bambino sviluppa un profondo senso di colpa, a
meno che non riesca a percepirsi come vittima, quale effettivamente è.
Nel corso della mia ricerca,
racconta Jacques Lecomte, una donna di circa 50 anni mi ha descritto una lunga
serie di maltrattamenti psicologici da lei subiti, poi ha concluso il suo
discorso con queste parole: "è vero
però che non sono mai stata maltrattata".
"Ora, per riacquistare
autostima - spiega lo psicologo- il bambino traumatizzato ha bisogno di essere
riconosciuto come vittima, ha bisogno che le sue rimostranze siano accolte.
Alcune persone non riescono
mai ad uscire dalla condizione della lagnanza, perché non vi sono mai entrate
davvero: "non è poi così grave"
"di cosa mi lamento" pensano spesso.
Ci si può chiedere se le
persone che rivendicano la prostituzione come libertà di scelta abbiano mai
avuto la possibilità di fare rimostranze e di lamentarsi nel corso della loro
esistenza. In effetti, da chi, quando e dove avrebbero potuto farsi ascoltare?
Il dolore del bambino vittima è tanto più difficile da nominare quanto più è
disconosciuto. L'insegnante si pone degli interrogativi se vede arrivare a
scuola un alunno con dei lividi. Il bambino che non ha ematomi, ma subisce a
casa maltrattamenti psicologici può essere triste, silenzioso, senza che
nessuno si allarmi, precisa Christian Besnard.
Non essendo socialmente
riconosciuti come vittime, questi bambini continuano spesso a considerarsi
colpevoli di ciò che subiscono, aggiunge Jacques Lecomte.
Le aggressioni fisiche non sono nulla rispetto alla
sofferenza interiore che vi dilania, vi impedisce di respirare. (Leila)
Agire per non soffrire
Per tentare di sfuggire a
questo dolore che non può esprimere, il bambino rischia di passare all'atto, in
modo talvolta drammatico, e può persino suicidarsi. "Recentemente un
bambino mai segnalato al Tribunale dei minorenni è stato trovato impiccato.
L'indagine ha rivelato che era vittima di continui soprusi paterni",
racconta Christian Besnard. Questo psicologo, chiamato dai giudici a realizzare perizie
psicologiche, ha conosciuto altri casi di bambini che si erano lanciati dalla
finestra o si erano annegati per sfuggire ad una realtà insostenibile.
I più gravi passaggi all'atto
riguardano i bambini che sono stati vittime di violenze psicologiche. Compiuti
impulsivamente, questi atti non sono premeditati come le condotte a rischio di
suicidio di certi adolescenti, aggiunge Besnard.
Da adulti, i bambini che
hanno subito maltrattamenti psicologici hanno molto spesso una concezione pessimistica del proprio futuro e
del mondo in generale. Le idee suicidarie bloccano la loro evoluzione, precisa
la psicologa Corinne Droehnlé-Breit.
Secondo uno studio condotto
presso 512 studenti e studentesse, racconta Jacques Lecomte, coloro che erano
stati psicologicamente trascurati nell'infanzia, soffrivano d'ansia, di
depressione, di somatizzazione dei disturbi, di paranoia e di ostilità più
spesso di quelli che avevano subito "solo" maltrattamenti fisici.
Anche i bambini che sono
stati totalmente sottomessi dai genitori rischiano, da adulti, di riprodurre
inconsciamente questo genere di rapporti. Possono cadere in balia di individui
che li manipolano, come accade nel rapporto tra la persona prostituita e il
magnaccia. Queste donne sono intrappolate in un ingranaggio psichico tale da
trovarsi nell'impossibilità di sfuggire al potere che gli uomini esercitano su
di loro, spiega Christian Besnard.
Mi ha ficcato in testa l'idea che nostra figlia
avrebbe subito troppe privazioni; a poco a poco mi ha indotto alla
prostituzione, facendomela accettare come una normale scelta di vita (Anaïs).
I bambini che non sono stati
riconosciuti come soggetti dai loro genitori rischiano anche, da adulti, di
perpetuare i rapporti di dipendenza attraverso l'adozione di condotte additive
(anoressia e bulimia, alcool, droga), che costituiscono per loro il tentativo di
dimostrare che esistono.
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