Condivido integralmente le
posizioni espresse da Tk Brambilla, Massimo Lizzi e Ricciocorno sul caso di
rivittimizzazione da parte di Stefano Ciccone, presidente di Maschile Plurale,
di una donna che lo ha informato dei
maltrattamenti subiti da un esponente dell'associazione. Alla protagonista
di questa drammatica vicenda esprimo la
mia solidarietà e vicinanza. Per il resto non ho nulla da aggiungere alle
osservazioni incalzanti, puntuali, precise, minuziose e, soprattutto, giuste dei
tre blogger in questione.
Vorrei invece spostare il
focus del dibattito sul caso in sé che
mi ha molto turbato e disorientato.
Com'è possibile che aderisca ad
un'associazione che si dichiara
impegnata a disarticolare i rapporti di dominio maschile nella coppia e a
combattere la violenza contro le donne un uomo che ha adottato comportamenti che, secondo le
parole della protagonista, "qualsiasi manuale prodotto dai centri
antiviolenza, qualsiasi libro di criminologia, qualsiasi sentenza penale
classifica come atti di violenza psicologica"? Esistono casi
del genere all'estero? Che atteggiamento hanno assunto le femministe
straniere di fronte alle clamorose
rivelazioni di atti di violenza commessi da uomini che si dichiaravano
pro-femministi? Cosa spinge un uomo a
proclamarsi tale?
Ho svolto una piccola ricerca
sulla situazione francese e ho scoperto il caso clamoroso di Daniel Welzer-Lang,
docente universitario di sociologia e di studi di genere. Autore di numerose
pubblicazioni dedicate all'esplorazione
dei diversi aspetti della mascolinità, della sessualità maschile e della
violenza contro le donne, Welzer-Lang costituisce una rete europea di uomini
favorevoli al femminismo e partecipa
all'équipe di ricerca sui rapporti sociali fra i sessi SIMONE-SAGESSE
dell'Università di Tolosa II-Le Mirail dalla quale viene sospeso (vedremo perché) nel luglio
2003. Nel 2004 Welzer-Lang, allora ricercatore, partecipa
ad un bando di concorso per il conferimento di un posto di professore di
ruolo presso questa Università.
Allarmate, Catherine Le Magueresse ( giurista, presidente
dell'associazione Europea contro le violenze sulle lavoratrici AVFT) e
Marie-Victoire Louis (ex Presidente di questa Associazione e ricercatrice
presso il CNRS, il Centro Nazionale delle Ricerche Francese) inviano al Rettore una lettera di denuncia dei comportamenti dell'aspirante docente di ruolo:
"Il 22 novembre
abbiamo appreso [..] che Daniel Welzer-Lang occupava il primo posto in
graduatoria per la nomina a professore di studi di genere [..]
Egli è stato accusato a più riprese di aver aggredito
sessualmente alcune studentesse del suo corso e/o impiegate nell'associazione
"Les Traboules". E' stato anche contestato a causa dell'adozione di
pratiche deontologicamente inaccettabili.
Le persone vittime di Daniel Welzer-Lang non vogliono
denunciarlo, perché temono rappresaglie. Una di loro ha espresso la sua paura,
dicendo: "E' presente ovunque, in tutte le commissioni. Riceve per le sue
ricerche i finanziamenti del programma
europeo Daphne contro la violenza sulle donne. Ho la sensazione di scontrarmi
con un uomo potentissimo".
Noi rispettiamo le loro decisioni, che nulla tolgono
alla realtà degli intrallazzi che queste
persone hanno comunque denunciato agli amministratori dell'università di
Tolosa.
Abbiamo incontrato - da sole o insieme - alcune di
queste donne.
Non possiamo dunque per motivi giuridici, politici e
morali restare in silenzio e partecipare alla perpetuazione di questa impunità,
che può mettere in pericolo altre studentesse.
Restare in silenzio significherebbe coprire queste
violenze e manifestare disprezzo nei confronti di chi ha avuto il coraggio di
rivelarle [...]".
Malgrado l'invio di questa
lettera, l'Università presenta la candidatura di Daniel Welzer-Lang al posto
precedentemente occupato dal professor M. Fillon, divenuto nel frattempo ministro
dell'educazione.
Per contrastare questa
decisione, Catherine Le Magueresse e Marie-Victoire Louis inviano a Fillon una
lettera datata 1 dicembre 2004:
"[..] Tenuto conto della gravità dei fatti e forti delle reazioni che
abbiamo suscitato, Le chiediamo di non confermare questa nomina. E di adottare
i provvedimenti che si impongono alla luce dei fatti denunciati".
Queste due lettere non
ricevono risposta e Daniel Welzer-Lang
viene nominato docente di sociologia dell'università di Tolosa il 1
febbraio 2005. Si occuperà di studi di genere.
Nel maggio 2005,
l'Associazione Nazionale degli Studi Femministi pubblica nel suo bollettino
(n.46, pp.97-100) il testo intitolato: "Ricatti
e abuso di potere nelle Università". Le autrici scrivono:
" A fine novembre 2004, come decine di altri
centri e reti di studi femministi in Francia e all'estero, l'Association
Nationale des Etudes Féministes ha denunciato al Rettorato dell'Università Toulouse-Le
Mirail l'attribuzione di una cattedra di docente di sociologia sui
"Rapporti sociali tra i sessi- Lavoro, genere e società" a Daniel
Welzer-Lang, ricercatore di questa università dal 1995. [..] Ora, nel luglio 2003, Daniel Welzer-Lang era stato sospeso dall'équipe Simone-SAGESSE.
Invitato a più riprese a offrire un chiarimento sulle sue pratiche
deontologiche, ha preferito dimettersi dall'équipe, nel settembre 2003, prima
di chiedere l'assegnazione a un altro laboratorio di sociologia di Mirail (il
CERS-CNRS), precisando che pensava di lasciare Tolosa nel più breve tempo
possibile.
Nell'ambiente degli studi femministi, la denuncia
collettiva della promozione di Daniel Welzer-Lang per "disaccordi
deontologici" è potuta apparire un eufemismo, dal momento che parecchie
testimonianze, scritte e orali, riferiscono di molestie sessuali e morali, di
abusi di potere e di attacchi alla dignità delle persone da parte di questo
insegnante esercitati su studentesse e sul personale che lavora sotto la sua
direzione, sia all'Università che nell'associazione "Les Traboules".
Nell'ottobre 1998, alcune studentesse dichiararono di
essere state invitate a casa sua e di aver subito molestie sessuali. Le nostre
colleghe di Tolosa hanno severamente redarguito Daniel Welzer-Lang. In assenza
di denunce all'autorità giudiziaria da parte delle studentesse molestate e in
assenza di applicazione di misure
disciplinari da parte dell'Università, le esponenti dell'équipe avevano contato
sul suo impegno a cambiare atteggiamento.
Perché si è
dovuta attendere una nuova denuncia collettiva delle dottorande dell'équipe per
comprendere la gravità e le dimensioni dell'attentato all'intimità e alla dignità
delle donne che il suo insegnamento all'Università e l'esecuzione dei suoi
contratti di ricerca sembravano generare?
Infatti, è soltanto nel luglio 2003 che i membri dell'équipe
Simone-SAGESSE hanno deciso, dopo molti dibattiti interni, di sospendere Daniel
Welzer-Lang. Questa decisione si è imposta a seguito di nuove testimonianze,
che parlavano di molestie sessuali e
morali e dei loro effetti a lungo termine,
così come delle difficoltà che potevano derivarne per le ragazze
colpite. Alcune persone, che hanno pubblicamente raccontato la loro esperienza,
hanno smesso di studiare, altre hanno cambiato università o dipartimento di
studi. Tutte sono state segnate da questa vicenda.
[...]Quando diverse studentesse e dottorande, nel
lungo periodo, in modo ricorrente, parlano di pressioni sessuali dirette del
loro direttore, accompagnate da promesse di assunzione con contratti di
ricerca, di valorizzazione dei loro studi mediante pubblicazioni congiunte, si
prospetta un rischio inaccettabile di manipolazione e di abuso di potere.
Perché i motivi della sospensione di Daniel
Welzer-Lang dall'équipe Simone-SAGESSE non sono stati compresi dalla
maggioranza degli/delle insegnanti, dei ricercatori, delle ricercatrici e dei
responsabili dell'Università Toulouse-Le Mirail? Perché sono state considerate
maldicenze, magari fondate sulla rivalità? Le parole e la sofferenza delle
studentesse non possono essere ascoltate? [...] Il caso delle studentesse [...]
sembra smuovere l'opinione pubblica e le autorità universitarie ancor meno
delle altre vittime.
Al di là dello scandalo della promozione di Daniel
Welzer-Lang alla carica di professore universitario, l'Association Nationale
des Etudes Féministes si preoccupa della situazione delle studentesse, delle
dottorande e delle insegnanti. Essa desidera attirare l'attenzione sulla
difficoltà, se non sull'impossibilità
attuale di sanzionare le aggressioni in materia di abusi di potere, di
molestie morali, sessuali o di qualsiasi altra forma di violenza, quando esse
si verificano all'Università. Desidera mostrare gli effetti perversi dei
diversi tentativi di gestione interna nelle Università, nei dipartimenti, nelle
équipes di ricerca, nei servizi sociali o di medicina preventiva, di fatti che
dovrebbero essere segnalati al
Procuratore della Repubblica.
A dispetto delle minacce di Daniel Welzer-Lang di
denunciare chiunque renderà pubblici i motivi del suo allontanamento
dall'équipe Simone-SAGESSE, l'Association Nationale des Etudes Féministes ha
deciso di pubblicare questa nota e di mettere a disposizione di chiunque lo
richiederà un certo numero di informazioni, nel rispetto della privacy. Questo
passo mira a rilanciare il dibattito, aperto nel 2002 dal CLASCHES (Collettivo
di Lotta Anti-Sessista contro le molestie nell'insegnamento superiore) sulle
molestie sessuali nelle Università e a sollecitare l'apprestamento, nei luoghi
di studio e di ricerca, di misure che consentano di sanzionare le pratiche
illecite e condannabili. Il fatto che ben difficilmente la voce delle vittime
si faccia sentire non giustifica l'imposizione dell'impunità di certi
aggressori. E' necessario e urgente spezzare il silenzio".
Il 28 gennaio 2005, Daniel
Welzer-Lang denuncia per diffamazione al Tribunale di Tolosa Catherine Le
Magueresse e Marie-Victoire Louis e in seguito anche le responsabili
dell'Associazione Nazionale di Studi Femministi. La difesa presenta sei
testimoni e un dossier scritto con 19 attestazioni di episodi
di molestie cui queste ragazze hanno assistito o che hanno subito.
L'avvocato di Welzer-Lang contesta il valore delle testimonianze scritte
allegate al processo, dal momento che le presunte vittime non hanno denunciato
alla magistratura penale le supposte molestie subite, né l'Università ha
avviato una procedura disciplinare contro il suo assistito e derubrica gli atti
di molestia come meri tentativi di seduzione compiuti dal professore nei
confronti di diverse studentesse. Il
tribunale emette la sentenza il 30 maggio 2007. La denuncia contro le esponenti
dell'Associazione Nazionale di Studi femministi viene dichiarata nulla per
irregolarità della procedura, mentre le due esponenti dell'Associazione Europea
contro le violenze esercitate sulle lavoratrici
vengono assolte per buona fede.
In assenza di una denuncia
penale, Welzer-Lang prosegue la sua
attività all'Università di Tolosa.
Il suo caso è illuminante
perché mostra:
1) l'inerzia e l'indifferenza
dell'istituzione universitaria. Le ragazze e le donne molestate si sono rivolte
al consiglio di amministrazione dell'ateneo di Tolosa, che non ha adottato però
alcun provvedimento, né si è chiesto come mai
Welzer-Lang fosse stato sospeso da un'équipe di ricerca sugli studi di
genere;
2) l'immediata e
determinatissima reazione, per contro, delle femministe francesi che non hanno
esitato a denunciare i comportamenti di Welzer-Lang e a rivolgersi al rettore dell'università di
Tolosa per bloccarne la nomina a docente,
nonostante egli avesse annunciato la volontà di rivolgersi alla
magistratura nel caso in cui le donne avessero reso note le ragioni della sua
estromissione dall'équipe di ricerca Simone-Sagesse. A favore delle studentesse
molestate si sono mobilitate ben due associazioni nazionali femministe. Nessuna esponente di queste organizzazioni ha
mai sottovalutato la gravità dei comportamenti di Welzer-Lang, derubricando le
molestie a semplici atti di seduzione. "Era necessario e urgente -
osservano - spezzare il silenzio".
3) Il caso Welzer-Lang
dimostra, infine, che i motivi reconditi che inducono un uomo a proclamarsi
femminista non sono sempre nobili.
Quest'ultima questione è
stata affrontata dall'anarchico pro-femminista Francis Dupuis-Déri, docente di
scienze politiche all'Università del Québec a Montréal, in un saggio dal titolo
Les hommes proféministes: compagnons de route
ou faux amis? (Gli uomini favorevoli
al femminismo: compagni di strada o falsi amici? ) pubblicato nel 2008 dal
periodico Recherches féministes
Nel suo saggio Dupuis-Déri
presenta le ipotesi formulate da
studiosi e studiose per spiegare la scelta e l'impegno degli uomini a favore
del femminismo e approda alla conclusione che quella più probabile e diffusa è
rappresentata dal fatto di essersi
confrontati con le femministe, averne risentito l'influenza e condividerne le
analisi. Sono convinta anch'io che questa sia una delle principali ragioni che
inducono certi uomini a solidarizzare con le donne e a sostenerne le battaglie.
E' interessante però
analizzare anche le altre ipotesi. Una
interpreta il pro-femminismo maschile come la conseguenza dell'adesione
ad un'etica egalitaria. Un uomo che attribuisce particolare importanza all'idea
di uguaglianza nella costruzione della propria identità sarà più propenso ad
impegnarsi a fianco delle femministe.
L'umanista, poi, ammette di
ricavare vantaggi dal patriarcato, ma afferma di odiare questo sistema, perché prova
ripugnanza nei confronti dell'ingiustizia e della diseguaglianza.
Per alcuni l'adesione al femminismo o le dichiarazioni di antisessismo si configurano come una conseguenza dell'assunzione o del desiderio di assumere comportamenti non conformi a quelli prescritti dal modello dominante di virilità.
Alcuni uomini, però, secondo un'altra ipotesi, si dichiarerebbero in pubblico femministi solo per ricavarne vantaggi personali. L'opportunista, ad esempio, secondo Sandra Bartky e David J. Kahane, si dichiara seguace del femminismo, solo perché ritiene che si tratti di una teoria alla moda, almeno in certi ambienti. Spera così di trovare una collocazione vantaggiosa in un preciso campo professionale (il mondo universitario, ad esempio) o di conquistare la simpatia delle donne.
Il poseur, invece, si
interessa alle teorie femministe in modo astratto, senza che queste ultime
incidano minimamente sulla sua vita privata.
L'iniziato, da parte sua,
milita nei gruppi favorevoli al femminismo e si guadagna per questo solo fatto
la simpatia delle donne. Si ritiene superiore agli altri uomini, perché sono
loro, mai lui, i misogini e i responsabili della conservazione delle strutture
patriarcali.
Vi è, insomma, anche chi
concepisce la propria adesione al femminismo solo come una risorsa per far carriera o per conseguire
l'approvazione e il riconoscimento delle donne, insomma la usa come uno
strumento di seduzione. Vi è chi opera
disinvoltamente una totale dissociazione tra convinzioni dichiarate
pubblicamente e comportamenti privati.
Mi permetto di consigliare
agli aderenti all'associazione Maschile Plurale di interrogarsi anzitutto,
anche spietatamente, sulle ragioni del proprio impegno che, ne sono sicura,
nella stragrande maggioranza dei casi sono nobilissime. Si dovrebbe però
prestare attenzione e scongiurare la presenza di eventuali opportunisti e poseurs che potrebbero profittare in modo strumentale del prestigio
e della fama acquisita dall'organizzazione.
Scrive a questo proposito Claudio Magnabosco,
riguardo all'associazione da lui fondata:
Io
ricordo quanti uomini desideravano iscriversi al mio Progetto "la ragazza
di Benin City" che proponeva la sensibilizzazione dei clienti; molti
desideravano avere in tasca la tessera della associazione, così da poter
dimostrare alle Forze dell'Ordine che li avessero fermati e sorpresi in
flagranza, che loro non erano dei clienti, ma degli operatori sociali.
Lo studioso Francis
Dupuis-Déri, da parte sua, suggerisce agli uomini favorevoli al femminismo di
impegnarsi in un processo di disempowerment,
ossia di drastica riduzione del potere che esercitano individualmente e
collettivamente sulle donne, nella sfera privata evitando, ad esempio, di
instaurare relazioni impostate sul dominio e sulla prevaricazione e
impegnandosi a svolgere il lavoro domestico e di cura e nella sfera pubblica e
militante limitandosi ad occupare una posizione defilata ed ancillare e a
sorvegliare attentamente il proprio comportamento e quello degli altri uomini,
affinché non sia connotato da misoginia.
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