Il capitalismo è
onnipervasivo, strumentalizza, mercifica, sussume nel processo di
valorizzazione qualsiasi realtà, inclusa quella, drammatica, della violenza
maschile sulle donne. Un'incorporazione funzionale alla rappresentazione di sé
come sistema filantropico, benefattore dell'umanità; una raffigurazione che
mira, ovviamente, a neutralizzare qualsiasi forma di contestazione e,
soprattutto, a conferire valore aggiunto alle merci che produce.
Così #NientePaura
si descrive come un'impresa "che vuole innovare profondamente il
capitalismo, rendendolo solidale e socialmente utile, in una parola:
umanizzato".
A tal fine assicura di voler destinare il
10% degli utili all'erogazione di finanziamenti alle organizzazioni no-profit e
a alla realizzazione di progetti sociali, compresi alcuni contro la violenza
sulle donne. A questo scopo si avvale anche della collaborazione
dell'associazione SOS Vittime Onlus fondata dalla criminologa Roberta Bruzzone.
Ne parla in un bell'articolo Enrica,blogger di Un altro genere di comunicazione .Concordo con la sua valutazione del capitalismo: un modo di produzione alieno da qualsiasi parvenza di umanità,
sfruttatore, oppressivo, un sistema che, precarizzando il lavoro e la vita,
concorre ad accrescere la vulnerabilità delle donne e ad ostacolarne il percorso di fuoriuscita
dalla violenza.
Il primo oggetto lanciato dall'azienda #NientePaura è Tatù: un
braccialetto di gomma termoplastica, il cui nome deriva dalla somiglianza ad un
tatuaggio e il cui prezzo, pari a 25 €, risulta molto elevato, considerato il
materiale con cui è confezionato e il prevedibilmente basso costo di produzione.
E' un prezzo che, come si apprende leggendo il messaggio pubblicitario,
remunera le spese sostenute a favore delle organizzazioni no-profit, ma incorpora
anche principi e immaginari, generando un'alchimia simbolica che ne accresce il valore di
scambio.
#Tatù è un
braccialetto di grande raffinatezza, se pur creato con un materiale non certo
di lusso, ma con un valore inestimabile per ciò che vuole rappresentare, per il
simbolo che aspira a diventare, per l’importante contributo che darà al terzo
settore rappresentato dalle Associazioni ogni giorno accanto a chi è in
difficoltà.
Che cosa vuole rappresentare, che simbolo aspira a diventare
Tatù? E' importante rispondere a questa domanda, perché, a mio parere, questo
oggetto rappresenta l'avvio di un mutamento di trend nella rappresentazione
pubblicitaria della violenza sulle donne e
costituisce un segnale della captazione
capitalista della retorica dell'abolizione della nozione di vittima, cui
vengono impropriamente e ingiustamente attribuiti tratti caratteriali come la
debolezza e la passività. Il capitalismo è sensibile ai cambiamenti di
mentalità, li registra e li incorpora, vampirizzando e colonizzando l'immaginario collettivo.
Ora, Tatù è "un
tatuaggio, dunque un simbolo, che rappresenta una presa di posizione forte rispetto
a una realtà oppressiva dalla quale uscire con determinazione e senza
paura. “PADRONA DEL TUO DESTINO!” è lo slogan che abbiamo scelto", un motto scritto a
lettere cubitali e in grassetto, a sottolineare l'assertività della donna forte
e autonoma che indosserà il bracciale. Quest'ultimo non è destinato e dedicato,
infatti, alle vittime della violenza, bensì alle donne che riescono ad uscirne
e a quelle che dimostrano di possedere
"energia, determinazione, capacità
di superare limiti" considerati fino ad allora insormontabili, incarnando appunto il modello dell'individuo
"padrone del proprio destino".
La retorica su cui è imperniato il messaggio pubblicitario è
caratterizzata da un susseguirsi di antinomie in parte implicite: alla donna
sottomessa si contrappone quella libera, alla violenza l'amore per sé, al
cambiamento l'immobilismo, all'energia la
fiacchezza, la debolezza, alla determinazione la titubanza, alla donna
svincolata dai condizionamenti culturali quella che "cammina un passo
dietro l'uomo" e, infine, a quella "incapace di camminare da
sola" la donna autodeterminata.
Invito a rilevare l'infantilizzazione della vittima di violenza.
Sono i neonati infatti a non essere in grado di deambulare e i bambini piccoli
quelli che, per muovere un passo, hanno bisogno del sostegno dell'adulto. Traspare, dal testo del messaggio, un sottile
disprezzo, sentimento recepito dalla retorica dominante sulla vittima, nei
confronti di chi ha subito violenza. E' da parecchio tempo che in Italia e non
solo si articolano discorsi sulla vittima dei maltrattamenti maschili come donna debole
e passiva e ci si intrattiene sulla miseria femminile di chi ha subito
violenza. Di questa retorica si è appropriato il marketing. Non mi stupisce. Il capitalismo neoliberista non si fonda forse
sulla celebrazione della libertà, della determinazione, del dinamismo,
dell'assunzione personale della responsabilità e del rischio, dell'autoaffermazione?
Soggetti percepiti come passivi, deboli, indecisi non sono certo funzionali
alle intensificate esigenze produttive del capitalismo neoliberista, non offrono prestazioni performanti. Sono
identificati come falliti e responsabili della propria disfatta. Non c'è spazio
per le vittime nel capitalismo.
Nel video che promuove il braccialetto in questione, Enrica di Un altro genere di comunicazione
intravede
soprattutto il ricorso massiccio a
quello che definisce "l'immaginario mainstream della violenza contro le
donne": le scarpe rosse, le due scene del pestaggio, immerse, però, in
un'atmosfera glamour da discoteca alla moda. Ciò la induce ad interpretare il
messaggio veicolato dal video come un suadente invito a "diventare la
nuova testimonial del capitalismo dal volto umano". Sono d'accordo con
lei, ma per me immagini e parole rappresentano anche la cattura pubblicitaria dell'esaltazione
della donna libera, implicitamente contrapposta alla vittima. Sullo sfondo del
video scorre la scritta "Vai
determinata alla meta", mentre nelle interviste riecheggiano i
vocaboli "forte", "forza", "libera",
"coraggio", "cambiamento".
Il filmato presenta anche in sequenza una donna con il bracciale
che aggredisce un uomo e successivamente lo abbraccia, quando le offre delle rose, un gesto che
esprime simbolicamente "l'amore
puro" di chi "chiede con
gentilezza", anziché pretendere. Trattandosi di un video contro la
violenza maschile sulle donne, è evidente come la scena dell'aggressione debba
essere interpretata come una reazione di legittima difesa, significata e in un
certo senso sollecitata dal braccialetto, cui pare vengano attribuiti poteri taumaturgici.
Tatù, si legge, infatti, nel messaggio pubblicitario "è il simbolo della donna che non si fa mettere i piedi sulla testa e
reagisce con forza ai soprusi verso se stessa o verso gli altri. E' una donna
con un forte senso di giustizia, capace di farsi avanti senza paura per
difendersi e difendere chi le sta accanto". La scena e il messaggio commentato si configurano dunque come una celebrazione
della pratica dell'autodifesa e, ancora una volta, della forza fisica e
psicologica di una potentissima,
invincibile eroina.
Mi pare dunque evidente come la retorica della "donna
libera e forte", antitetica all'immagine della vittima, ingiustamente
presunta debole e passiva, non sia per
nulla estranea all'ideologia capitalista.
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