sabato 1 agosto 2015

Tra consenso estorto e stupro. Una sessualità patriarcale.


Quanto sono diffusi gli stupri e le altre forme di violenza sessuale in Italia?
E come definire quei rapporti che non sono stati imposti con la violenza o con la minaccia o abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della donna, ma non si configurano neppure come espressione di un consenso prestato con convinzione e tantomeno come manifestazioni di una reciprocità del desiderio?
Dall'indagine svolta dall'ISTAT nel 2014 si evince che 6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Tale cifra corrisponde  al 31,5% delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni: il 20,2% di loro è stata oggetto di violenza fisica, il 21%  di violenza sessuale, il 5,4% è stata vittima di stupri e tentati stupri, una percentuale che, tradotta in cifre, indica in 652 mila le donne violentate e in 746 mila quelle che hanno subito un tentativo di stupro.
Le donne migranti sono state oggetto di violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). Se la prima è più frequente fra le straniere (25,7% contro 19,6%), la seconda lo è più tra le italiane (21,5% contro 16,2%). Le donne migranti sono molto più soggette a stupri e tentati stupri (7,7% contro 5,1%).
Il 62,7%  delle violenze carnali è commessa da un partner attuale o precedente. Gli sconosciuti sono nella maggior parte dei casi autori di molestie sessuali (76,8%). Le donne separate o divorziate  sono state vittime di violenze fisiche o sessuali in misura maggiore rispetto alle altre (51,4% contro 31,5%). Critica anche la situazione delle donne con problemi di salute o disabilità: ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% delle prime e il 36,6% delle seconde. Il rischio di essere fatte oggetto di stupri o di tentati stupri è doppio rispetto alle altre donne (10% contro il 4,7% )
Il 10,6% ha subìto violenze sessuali prima di aver compiuto 16 anni.  [1]
" Nel confronto con i cinque anni precedenti" -  si legge nel rapporto - " si colgono importanti segnali di miglioramento: diminuiscono la violenza fisica e sessuale da parte dei partner attuali e da parte degli ex partner, e cala pure la violenza sessuale (in particolare le molestie sessuali, dal 6,5% al 4,3%), perpetrata da uomini diversi dai partner. Non si intacca però lo zoccolo duro della violenza nelle sue forme più gravi (stupri e tentati stupri) come pure le violenze fisiche da parte dei non partner mentre aumenta la gravità delle violenze subite".
In particolare, le vittime della violenza sessuale nel corso degli ultimi cinque anni sono state 1 milione 369 mila (il 6,4%); le donne che hanno subìto stupri 136 mila (0,6%) e circa 163 mila quelle che sono state oggetto di tentati stupri (0,8%). [2]
Come è stata effettuata la rilevazione dell'Istat? Quali domande sono state formulate alle 24.761 intervistate?
I vocaboli impiegati nei quesiti, come si desume dalla lettura della nota metodologica che affianca l'indagine, rientrano nel campo semantico della costrizione esercitata appunto con la forza o con la minaccia e di intensità tale da incutere paura nella partner. [3]
I termini adottati influenzano le risposte. Cosa accadrebbe se si assumesse invece l'assenza di desiderio delle donne come criterio e indice di una sessualità che permane patriarcale e fallocentrica e che si dispiega ben al di là di quella forma estrema di violenza che è rappresentata dallo stupro commesso mediante coercizione fisica o minaccia? Come muterebbero, cioè, i risultati se si chiedesse alle donne di dichiarare  se hanno mai praticato rapporti sessuali senza averne voglia? Questa domanda è stata posta alle francesi nel 2000  nell'ambito dell'Inchiesta nazionale sulla violenza maschile (Enveff). Due donne accoppiate su cinque (il 40% del totale delle intervistate) hanno risposto affermativamente al quesito, facendo riferimento ai dodici mesi precedenti. [4] Non sappiamo quali motivazioni, sentimenti ed emozioni le abbiano indotte ad acconsentire a rapporti sessuali non desiderati, né quali strategie i loro partner abbiano adottato per strappare il loro assenso.
Quel che vorrei fare è, in primo luogo, interrogare e problematizzare la nozione di "consenso" , il cui significato si può far risalire ai teorici del contratto sociale del XVII secolo, dai quali è posto a fondamento dell'assoggettamento degli uomini al potere politico e dell'alienazione dei loro diritti alla società.  Il concetto descrive dunque efficacemente l'accettazione della legittimità del dominio altrui e della propria subordinazione. Applicato ai rapporti sessuali, in un sistema patriarcale, in una condizione quindi di disuguaglianza, il consenso assume una precisa connotazione di genere ed esprime la disponibilità della donna ad appagare le istanze di godimento dell'uomo, a sottomettersi ai suoi desideri e al suo potere decisionale.
Inoltre, come osserva la blogger femminista e comunista Freya Brown , l'adozione di questa nozione come strumento cruciale di valutazione  della presenza o meno di un atto di violenza sessuale induce a focalizzare l'attenzione sui pensieri e sui sentimenti della vittima e a dedurli dal suo comportamento, invece di farla confluire sulle azioni del o dei presunti stupratori, ingenerando il rischio di possibili derive misogine e dell'espressione di apprezzamenti moralisti della condotta sessuale della donna.
Sono assolutamente d'accordo, quindi, con l'impostazione che dà alla questione Massimo Lizzi. Riprendo le sue parole:
 
In una situazione diseguale, spesso acconsentire non è espressione di libertà, non è desiderare, è soltanto cedere al desiderio di un altro.
 
Quali strategie adottano gli uomini per ottenere il consenso ad un rapporto o a una determinata pratica sessuale da partner riluttanti  che oppongono un netto diniego?
L'olandese Joop Beelen si è posto questo interrogativo in Tussen Verleiden en verkrachten , una ricerca qualitativa nella quale, attraverso le interviste a 28 uomini eterosessuali, ricostruisce il "continuum tra sedurre e stuprare". Per infrangere la resistenza della donna, si ricorre a un'ampia gamma di tattiche: dalla reiterazione insistente ed estenuante delle medesime richieste, alla menzogna, alla manipolazione, all'uso della forza, al richiamo al dovere coniugale e all'instillazione del senso di colpa, all'espressione della collera, alla prosecuzione o addirittura all'avvio del rapporto malgrado l'opposizione della partner. [5]
E' possibile rilevare la presenza di alcuni almeno di questi comportamenti anche nei connazionali. In un testo del 2010 i sociologi Marzio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna e Franco Garelli esplorano la sessualità degli Italiani che conserva indubbi caratteri patriarcali. In primo luogo, le donne che assumono l'iniziativa di dare avvio a un rapporto nelle relazioni di lunga durata rappresentano soltanto il 16% del totale nelle coppie più giovani (dai 18 a i 39 anni) e il 10% in quelle in cui partner hanno un'età compresa fra i 40 e i 59 anni. In compenso, le donne di queste generazioni si mostrano più recalcitranti, oppongono maggiore resistenza al rapporto (18%-19%). [6]
Concentriamoci ora sulle pratiche sessuali. Dichiarano di sentirsi attratti dai rapporti  anali il 41% degli Italiani e solo il 19% delle Italiane. [7] Poiché  a praticarli in coppia sono il 42% degli uomini [8], se ne deduce che un buon numero di essi non presta attenzione ai desideri della partner.
Gli autori dell'inchiesta commentano così questi risultati:
 
E' dunque comprensibile che i rapporti anali siano praticati [...] solo dopo che a prendere l'iniziativa sia l'uomo e siano spesso l'esito di un lungo e complesso processo di negoziazione fra i partner.[9]
 
Non condivido l'impiego del termine "negoziazione" che presuppone l'uguale diritto degli interlocutori di concorrere all'elaborazione della decisione. Il suo uso in questo caso occulta il rapporto di potere che sussiste all'interno di una coppia in cui l'uomo si propone di  superare la riluttanza e l'opposizione della donna, di spezzarne la resistenza a praticare un rapporto che non le piace. Il vocabolo rimanda al dialogo paritario e democratico che si intreccia fra le parti allo scopo di approdare ad una decisione comune soddisfacente per entrambe o evoca comunque un do ut des assente in questo caso, in cui ad imporsi è semmai il potere decisionale gerarchico dell'uomo e la pretesa che i suoi desideri siano appagati.
I soggetti di sesso maschile continuano ad attendersi dalle donne la disponibilità assoluta a soddisfare le loro richieste, a prendersi cura del loro benessere, anche a costo di soffocare i propri bisogni e di annullarsi.
Più convincente mi pare invece l'interpretazione che qualche pagina dopo gli autori propongono della più ampia diffusione in Italia rispetto ad altri Paesi occidentali del rapporto anale, malgrado l'avversione manifestata da molte donne, come effetto della maggiore disuguaglianza di genere e  della loro dipendenza dai partner. [10]
Come riescono molti Italiani a vincere la riluttanza delle donne a praticare un rapporto non desiderato?
"Quando capiscono - scrivono gli autori - che convincere la propria compagna è impossibile, alcuni uomini tentano la strada del raggiro". [11] In modo più chiaro e diretto, direi che tentano di stuprarla, come risulta dalla testimonianza da loro riportata a supporto di questa affermazione:
 
Non glielo ho mai messo nel sedere [...] Ci ho provato parecchie volte senza che lei se ne accorgesse. Ma purtroppo si svegliava.[12]
 
In genere, però, gli uomini ricorrono alla reiterazione insistente e sfiancante delle medesime richieste. Un esempio è offerto da questa testimonianza:
 
Il rapporto orale con mia moglie [..] è sempre stato difficile. Però ci sono momenti particolarmente caldi, che vengono da soli ecco. Io ho sempre visto questo nella mia vita. Magari stai lì una settimana, un mese, quindici giorni, ci provi, ci riprovi, fai, brighi, poi, improvvisamente, non ho capito il perché, però si fa. Io ci provo. Prima erano tutte le sere, io ci provo sempre a fare alcune cose e ogni tanto mi va bene. [ 13]
 
La moglie di quest'uomo non ama il rapporto orale, ma ogni tanto lo pratica. Lui non riesce ad intuire il momento esatto in cui accade l'evento, che ritiene "venga da solo" "all'improvviso", quando in realtà sopravviene, evidentemente, nell'istante in cui viene oltrepassato il limite di sopportazione della moglie, sfiancata dalle  insistenti e pressanti richieste del marito. Quella che viene qui descritta è la capitolazione della donna per sfinimento, il crollo per estenuazione, ma cedere, come ricordava la compianta antropologa femminista materialista Nicole-Claude Mathieu, non è acconsentire.
Quello che i ragazzi e gli uomini trovano sessualmente eccitante è  la disponibilità assoluta delle donne ad appagare i loro desideri, oppure la resistenza che viene loro opposta, presupposto necessario della loro iniziativa, resistenza destinata però ad essere spezzata, in quanto ci si attende che le ragazze e le donne "cedano lentamente il proprio territorio corporeo per dare il proprio assenso al rapporto sessuale", per usare un'efficace espressione di Janet Holland, Caroline Ramazanoglu e Rachel Thomson. [14]
Gli uomini tendono ad imporre non solo l'inizio e la fine dell'interazione sessuale, ma anche il suo contenuto, poiché è l'appropriazione del corpo resistente di chi non è percepito come pari, come uguale a sé a produrre l'eccitazione sessuale maschile, non la reciprocità dei desideri. [ 15]
 
"Lungi dall' apparire come un puro esercizio ludico, una pratica gratuita che non ha altro oggetto che il semplice piacere dei sensi, la sessualità si presenta dunque come un gioco dove si vince o di perde, come il campo privilegiato dei rapporti di potere" [16]
 
La rivendicazione maschile del diritto esclusivo di decidere i rapporti da praticare e il modo di farlo risulta anche, benché in modo ambiguo, da questa testimonianza:
 
[...] lei forse è l'unica ragazza [...] con la quale parliamo apertamente del discorso sessuale e diciamo: "Ma che dici se proviamo sulla mensola adesso, mentre tu stai così?" "Sì, sì, ce ne ho voglia, andiamo a provare", "Senti, però io vorrei provare se tu psicologicamente ti senti pronta, il rapporto anale, potremmo provarlo adesso" e lei si presta con grande gioia e tranquillità a queste cose e quindi si affina sempre di più la sessualità. [ 17]
 
Apparentemente questo ragazzo avvia con la partner "un processo di negoziazione", di  confronto alla pari, come parrebbe attestare l'uso del pronome "noi" ("Parliamo apertamente, diciamo") al principio del racconto. Ed è così, infatti, che esso viene presentato da Marzio Barbagli, autore di questo capitolo del libro: "...I due partner, se restano insieme per molto tempo, continuano a discutere della possibilità di un soddisfacente rapporto anale e a fare delle prove". In realtà, come si intuisce chiaramente dai frammenti di dialogo riportati, non si tratta affatto di una discussione nella quale gli interlocutori occupino una posizione paritaria ed esprimano entrambi i propri desideri. Ci troviamo, invece, di fronte al classico esempio di un soggetto maschile che prende l'iniziativa, fa proposte, predispone, come un regista,  gli scenari della performance sessuale e le posizioni dell'attrice, la cui funzione è  quella di prestarsi ad assumerle e ad interpretare il suo ruolo nel modo più soddisfacente per chi la dirige ("che dici se lo facciamo qui? Tu stai così o cosà"). (A parte il fatto che mi pare francamente impossibile fare l'amore su una mensola, ma immagino che il ragazzo intendesse dire" con le mani lievemente appoggiate ad una mensola" o posate su un mobile). Quanto al rapporto anale che lui desidererebbe sperimentare, quello che conta è che lei sia psicologicamente pronta, ossia disponibile, non che lo desideri veramente. Questo ragazzo ha già tentato di mettere in atto il suo proposito: "Abbiamo fatto praticamente di tutto, anche se non ancora il rapporto anale [...] Però ho provato un po' di volte, [...], ma lei prova troppo dolore". Questa consapevolezza non lo induce a desistere.  Da una donna ci si attende infatti che sia docile, accondiscendente, che si presti con prontezza e gioia ad esaudire le richieste sessuali di un uomo, superando qualsiasi ostacolo, inclusa la sofferenza fisica.
Quali sono, invece, i motivi che inducono una ragazza a dare il proprio consenso ad una pratica che non ama?
Quella che traspare evidente dall'intervista che riporto qui sotto è una concezione femminile della sessualità come dono di sé, come manifestazione di oblatività, di sacrificio dei propri desideri in nome dell'appagamento di quelli del partner. 
 
Questa (si riferisce al rapporto anale) è una cosa che a lui piace molto. A me dipende, spesso non mi piace molto, quindi diciamo che, sì, lo faccio, ma un po' perché so che piace a lui, lo accontento, probabilmente dipendesse da me non si arriverebbe a quello, non si rifarebbe quello perché  in realtà è un tipo di rapporto in cui io non provo questo grande godimento, lui evidentemente invece sì e quindi è un po' un regalo che talvolta gli faccio. [ 18 ]
 
Gli uomini riconoscono e, soprattutto, si attendono dalle donne " atti di grande dedizione", come rivela questa testimonianza.
 
[Per lei il rapporto anale] era una cosa molto impegnativa, mi è capitata poche volte. Per questo lo ricordo come un atto di grande dedizione. [19]
 
A questi intervistati non interessa, evidentemente, che il rapporto sessuale si prospetti sempre come l'esito di un reciproco incontro ed intreccio di desideri, in quanto per loro è normale, ossia conforme alle regole che disciplinano i rapporti di genere, che possa configurarsi invece come un atto di abnegazione femminile.
A volte la disponibilità delle donne assume la forma di un progressivo e più o meno laborioso processo di adattamento ai desideri maschili, attivato allorquando non si intravvedono più alternative credibili, come nel caso decritto qui sotto.
 
In passato, l'unico punto in cui io a volte ero un po' più perplessa erano le cose anali, perché sono quelle che fanno un pochino potenzialmente più male. Quindi c'è stata un po' un'evoluzione. All'inizio mi ricordo che era difficile, invece agli uomini piace tanto. Questa era un po' una costante, loro lo propongono spesso, e secondo me gli piacerebbe farlo più spesso. Però sono sempre stati anche molto rispettosi. Con quest'ultimo mi sembrava persino meglio  anche quella. Ma forse perché io non capivo più niente dopo un po'. Ma conta, eh? Si chiama rilassatezza. [20]
 
Questa donna non accetta inizialmente rapporti anali perché provocano dolore. Gradualmente supera le sue perplessità, ma definisce le sue prime esperienze difficili. Le intraprende perché è consapevole che agli uomini queste pratiche "piacciono tanto". "Le propongono spesso", sono insistenti e, quindi,  l'unica alternativa che si prospetta è quella di opporsi ad oltranza o adeguarsi e trovare il modo di farsele piacere, rilassandosi e pervenendo a una condizione di oblio. "Non capire più niente" indica certamente uno stato di eccitazione e di estasi, di uscita da sé comunemente sperimentato in un rapporto sessuale appagante, ma qui sembra più che altro costituire un presupposto, una condizione ricercata di perdita di sé, di alienazione finalizzata all'adattamento alla pratica del rapporto anale. Eppure, il sociologo Marzio Barbagli, autore del capitolo consacrato alle pratiche sessuali e significativamente intitolato Solo per il piacere fa rientrare questa esperienza fra i pochi casi in cui "i rapporti anali risultano così soddisfacenti per entrambi da entrare a far parte del repertorio di espressione della sessualità della coppia". [21]
Ritengo che le aspirazioni e le aspettative maschili e i comportamenti adattivi femminili siano, fra l'altro, il prodotto di un processo di socializzazione differenziata dei bambini e degli adolescenti e delle loro coetanee, che garantisce la riproduzione dei ruoli di genere. Mentre i primi fruiscono di una maggiore libertà d'azione ed imparano ad assumere un atteggiamento egocentrico, la socializzazione delle bambine è fortemente marcata dalla valorizzazione dell'obbedienza e, soprattutto, dall'apprendimento dell'abnegazione e della subordinazione dei propri desideri ed interessi a quelli altrui.
Malgrado gli incontestabili mutamenti verificatisi negli ultimi decenni, dunque, la sessualità permane patriarcale e fallocratica.
 
 NOTE
1.ISTAT, La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. Anno 2014, p.1 http://www.istat.it/it/archivio/157059
2. Ibidem, p.8
3. "La violenza sessuale è stata rilevata con la seguente batteria di domande:
E' mai capitato che un uomo l‟abbia FORZATA ad avere un rapporto sessuale, minacciandola, tenendola ferma o facendole del male in qualche altro modo
Se l‟intervistata risponde no:
E' mai capitato che un uomo l‟abbia COSTRETTA, contro la sua volontà, AD ALTRE FORME DI RAPPORTO SESSUALE, per esempio la penetrazione anale o fatta con le mani o con oggetti, oppure il sesso orale, cioè fatto con la bocca
E' mai capitato che un uomo abbia TENTATO di costringerla ad avere un rapporto sessuale, minacciandola, trattenendola, o facendole male in qualche altro modo
E' mai capitato che un uomo l‟abbia forzata o abbia cercato di forzarla ad avere una ATTIVITÀ SESSUALE CON ALTRE PERSONE, inclusa la costrizione a fare sesso per soldi o in cambio di beni o favori
E' mai capitato che un uomo sia stato VIOLENTO CON LEI DAL PUNTO DI VISTA SESSUALE in un modo diverso da quelli detti finora
Solo per il partner:
Le è mai capitato di AVERE RAPPORTI SESSUALI con il Suo partner ANCHE SE NON NE AVEVA VOGLIA per paura della sua reazione 
Le è mai capitato che il Suo partner L‟ABBIA FORZATA A FARE QUALCHE ATTIVITÀ SESSUALE CHE LEI HA TROVATO DEGRADANTE O UMILIANTE"
ISTAT, Nota metodologica. La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, p..4 http://www.istat.it/it/archivio/157059
4.Alice Debauche, Enquêter sur le viol: entre sexualité et violence, in Natacha Chetcuti et Maryse Jaspard (sous la direction de), Violences envers les femmes. Trois pas en avant deux pas en arrière, L'Harmattan, Paris, 2007, p.64
5. Joop Beelen, Tussen Verleiden en verkrachten, Uitgeverij An Dekker, Amsterdam, 1989. Citato da Léo Thiers-Vidal,  De <<L'Ennemi Principal>> aux principaux ennemis. Position vécue, subjectivité et conscience masculines de domination, L'Harmattan, Paris, 2010, pp.190-191
6. Marzio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna, Franco Garelli, La sessualità degli italiani, il Mulino, Bologna, 2010, Tabella p.58.
7. Ibidem, p.188
8.Per la precisione il 22% nella fascia di età che si estende dai 19 ai 24 anni, il 39% in quella dai 25 ai 30 anni, il 50%  in quella fra i 31 e i 40 anni, il 48%  in quella fra i 41 e i 50 anni, il 45% in quella fra i 51 e i 60 e il 36% in quella fra i 61 e i 70 anni Ibidem, Tabella p.187
9. Ibidem, p.188
10.Ibidem, p.201
11.Ibidem, p.189
12.Ibidem.
13.Ibidem, p.181
14. Janet Holland, Caroline Ramazanoglu  and Rachel Thomson,  (1996). In the same boat? The gendered (in)experience of first heterosex, in Diane Richardson  Theorising heterosexuality: Telling it straight,  Open University Press,  Buckingham, 1996, pp.150 e 153.
15. Cfr. Léo Thiers-Vidal, De <<L'Ennemi Principal>> aux principaux ennemis, cit., p.190
16. Catherine Fussinger, Cynthia Kraus, Marilène Vuille, TVQ sur M6, in " Equinoxe. Revue de sciences humaines", n.19, 1998, p.52
17. Marzio Barbagli, Gianpiero Dalla Zuanna, Franco Garelli, La sessualità degli italiani, cit., p.189
18. Ibidem, p.190
19. Ibidem.
20.Ibidem, p.191
21. Ibidem
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

giovedì 11 giugno 2015

Sono un prodotto della maternità surrogata


 
Sono contraria alla maternità surrogata. Ritengo si tratti di una forma di mercificazione della donna, ridotta ad alienata macchina riproduttrice  e di   un'inaccettabile modalità di compravendita di neonati, spesso destinata a provocare ripercussioni, per lo più sottovalutate, anche sui fratelli e sulle sorelle di questi ultimi.
Propongo qui, pertanto, la traduzione di un breve articolo sull'impatto negativo di questa pratica sulle stesse madri e sui loro figli, riservandomi, eventualmente, di riprendere la trattazione dell'argomento.
 
 
"Sono un prodotto della maternità surrogata"
 
 
Testimonianze. Madri surrogate pentite, bambini che soffrono: si svela il lato nascosto della maternità surrogata e una petizione internazionale ne chiede l'abolizione.
 
"Sono stata comprata e venduta. Nessun eufemismo può occultare la verità". Sul suo blog: "Il lato nascosto della maternità surrogata" (http://theothersideofsurrogacy.blogspot.it/), Jessica Kern si definisce un "prodotto" della gestazione per altri. Sul blog esprime una sofferenza che non riesce a superare: quella di essere stata "abbandonata" dalla madre biologica.
La trentenne americana non intrattiene più alcun rapporto con la donna che l'ha allevata. Con la mamma biologica, di cui ignorava l'esistenza e che ha rintracciato all'età di 26 anni, le relazioni si sono guastate. Bisogna dire che, in un modo o nell'altro, tutti si scagliano contro Jessica, che invece di mostrare riconoscenza per il fatto di essere nata, si dichiara pubblicamente contraria alla maternità surrogata.
Jessica Kern figura fra le firmatarie di un appello internazionale per l'abolizione della maternità surrogata (Stop Surrogacy Now) lanciato lo scorso 11 maggio da 16 associazioni di tutti gli Stati. Le firmatarie hanno diversa provenienza geografica e differente orientamento politico. Fra di loro vi sono soprattutto nomi prestigiosi della sinistra francese e attiviste indiane contro la tratta delle donne. Ma le presenze più sorprendenti sono quelle di Jessica Kern e di tre madri surrogate.
Maggiori informazioni sulle madri surrogate "pentite" si ricavano da un interessante film diretto da Jennifer Lahl, presidente del Centro californiano per la bioetica e per la cultura, promotrice della petizione internazionale.
Le donne statunitensi e canadesi di cui il film riporta le testimonianze hanno vissuto tutte le forme di maternità surrogata, ivi compresa quella definita etica, nella quale le donne si lasciano coinvolgere gratuitamente, per puro altruismo. Tutte se ne pentono amaramente. E molte evidenziano un problema sottovalutato: il turbamento che la maternità surrogata provoca negli altri figli.
Tanya, che ha voluto aiutare gratuitamente una coppia di sconosciuti, racconta il disappunto della figlia maggiore quando il tanto atteso neonato è sparito: "Come ho potuto pensare un solo istante di poter donare un poppante senza che mia figlia ne fosse turbata?"
Cinque anni più tardi, il bambino che ha portato in grembo le ha chiesto: "Abbiamo gli stessi capelli e gli stessi occhi. Perché hai dato via me, ma hai tenuto gli altri figli?"
Ben presto, per evitare questi spiacevoli problemi di attaccamento, l'industria della riproduzione ha sviluppato la maternità surrogata detta "gestazionale", nella quale la riproduttrice porta in sé l'ovulo della donatrice.
Questa tecnica, tuttavia, non evita i drammi.
 
Danni sottostimati
Ecco Heatler, madre gestante: "Guadagnare soldi aiutando una coppia infertile e restando a casa con i miei figli, mi è sembrata la soluzione ideale", dice. Dopo una serie di episodi dolorosi, ha partorito un bambino con disabilità, che la coppia committente ha rifiutato, ma che lei si è sentita "in dovere di accudire".
C'è anche Gail che ha litigato con il fratello, i cui gemelli portava in grembo: "Troverò pure un'altra cagna che metta al mondo i miei figli. Tu puoi anche abortire" le ha detto. Oggi soffre, perché fruisce soltanto di un diritto di visita dei gemelli.
Jennifer Lahl racconta di non aver cercato soltanto testimonianze negative. Ma la madre surrogata, ufficialmente felice, il cui biglietto aereo era già stato pagato, ha annullato all'ultimo istante la sua partecipazione alle riprese del film: timore di domande scomode?
"Le famiglie e l'industria della riproduzione esercitano una forte pressione su queste donne, affinché appaia soltanto il lato idilliaco della maternità surrogata", osserva la regista.
Questo non è l'unico lato. Oggi cominciamo a saperlo. Il film si conclude con i danni, fortemente sottostimati, provocati ai bambini. Soprattutto perché non vengono informati delle condizioni della propria nascita. Prendete ad esempio Jessica Kern: la madre adottiva è sud-coreana ed ha scelto il silenzio. Non le è stato perdonato.

Qui trovate la petizione internazionale contro la maternità surrogata:
http://www.stopsurrogacynow.com/the-statement/statement-italiano/#sthash.TwJWz4bo.dpbs

Qui, invece, trovate un'approfondita ed ottima inchiesta sulla maternità surrogata di Ricciocorno Schiattoso:
https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2015/03/28/il-corpo-della-madre-surrogata/

giovedì 5 febbraio 2015

Violenza maschile sulle donne. I fatti

Mentre nel mese di dicembre dell'anno scorso l'attenzione di tutti era appuntata sull'omicidio di  Loris Stival e su altri due episodi che, secondo alcuni, dimostravano irrefutabilmente  che le donne commettono altrettanti atti di violenza degli uomini, i quotidiani riportavano notizie di altri femminicidi, riferivano che alla Questura di Milano vengono denunciati ogni settimana      3-4 maltrattamenti in famiglia perpetrati da uomini , che al Pronto Soccorso dell'ospedale Santa Maria Nuova della piccola città di Reggio Emilia nel 2013 sono stati registrati 391 casi di violenza maschile sulle donne e 13 stupri mentre le donne vittime di violenza prese in carico  dall'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo nel 2014 sono state 278 (dato aggiornato ad ottobre) e via elencando. 
Non mi pare che questi dati confermino la tesi della simmetria tra violenza maschile e femminile nella sfera domestica e nei reciproci rapporti.
Per ristabilire la verità, documentare la realtà e confutare interpretazioni ideologiche che la occultano, ho deciso, pertanto, di registrare mensilmente, senza alcuna pretesa di completezza, i femminicidi, i tentati femminicidi, (inclusi quelli di transessuali e di prostitute), gli episodi di maltrattamenti in famiglia, di lesioni personali, di stupri e tentativi di stupro,  di molestie sessuali subite dalle donne riportati dai quotidiani, con la consapevolezza che il fenomeno della violenza è in gran parte sommerso, che i giornali fanno riferimento molto più frequentemente ai reati sessuali commessi dagli stranieri che agli stupri perpetrati in numero ben maggiore dai partner e dai familiari delle vittime, che la repressione dei crimini è fortemente selettiva quanto a nazionalità di chi li commette e, infine, senza condividere l'impostazione narrativa ed interpretativa di molti articoli.
La documentazione dei casi di violenza di gennaio è incompleta e rapsodica e non si estende all'intero mese.
In 24 giorni ho registrato il compimento di 4 femminicidi (considerando tale anche il caso del sessantenne pavese arrestato con l'accusa di sequestro di persona, abbandono di persona incapace e lesioni gravissime alla moglie  di meno di 20 chili, morta il giorno successivo al ricovero in ospedale) e  di 3 tentati femminicidi. Ho annotato, inoltre,  16 casi di maltrattamenti in famiglia, 7 casi di atti persecutori (talvolta associati ai maltrattamenti), 3 casi di lesioni personali, 9 stupri, due dei quali commessi a danno di prostitute dai clienti (alcune delle violenze carnali sono collegate ai maltrattamenti e vi è anche uno stupro di gruppo e un altro commesso a danno di una minorenne), 7 tentativi di stupro, 4 altri tipi di violenze o tentate violenze sessuali ( in particolare molestie), 1 caso di minacce e un altro di insulti rivolti ad un centro antiviolenza.  
 
Ecco l'elenco completo con il link al quotidiano che riporta la notizia:
Femminicidi
 
Tentati femminicidi:
 
Maltrattamenti in famiglia:
 
 
Gaggi (Me): arrestato un 34enne autore di maltrattamenti in famiglia, minacce e lesioni. "Una relazione da sempre in bilico, contrassegnata da ripetute condotte violente da parte del compagno. Al culmine di questa ulteriore serata violenta l’uomo aveva anche impugnato un coltello e minacciato la vittima e la madre. I Carabinieri già conoscevano la vicenda"

Beve e picchia la moglie, 46enne denunciato.  A chiamare la polizia la figlia della donna  

Perseguita e minaccia di morte la moglie. 

Violenta lite con la sorella. Le accuse comprendono anche minacce aggravate, resistenza e lesioni gravi a un poliziotto 

 

Lesioni personali.

Prende a martellate la moglie, la donna ricoverata in ospedale   Uscito dal carcere per stalking, massacra ancora la moglie di botte. Arrestato 48enne 
Stalking
Ex maresciallo dell’aeronautica preso dalla polizia per stalking 
Rifiutato, la perseguita su Facebook con novemila messaggi ingiuriosi e minacce. Lo stalker era giunto a pedinare la donna, appostandosi in alcuni luoghi da lei frequentati ed aggredendola anche fisicamente 

Abusi e minacce, donna si ribella e fa arrestare il suo stalker. Le indagini dei carabinieri sono iniziate l’estate scorsa, quando la compagna ha sporto denuncia spiegando di essere stata sottoposta ad aggressioni fisiche, violenze e di avere subito l’imposizione di rapporti sessuali.
 

Non rispetta il divieto di avvicinare l’ex e tenta di accoltellarla in strada. L’uomo già in passato si era reso responsabile di atti persecutori nei confronti della donna e arrestato per stalking. Inoltre, dopo la scarcerazione, al 44enne era stato notificato un provvedimento di divieto di dimora nella Capitale e di avvicinamento alla vittima 

Non ce la faceva più la34enne di Sora a subire le vessazioni del suo ex compagno. Appostamenti, telefonate e messaggi continui sul suo cellulare, insulti e pesanti minacce di morte rivolte a lei ed ai suoi familiari.

Si è arreso nella notte dopo una lunga mediazione, l'uomo che si era barricato in casa dell'ex moglie. Era  armato e aveva con sé bombole e liquido infiammabile. aveva l'ordine di non avvicinarsi all'abitazione dell'ex moglie.

 
Stupri
 

Di giorno operai, di notte stupratori. Tre violenze accertate, secondo la Squadra Mobile. Su una quarta si indaga, su una quinta gli investigatori ammettono di non avere sufficienti riscontri. Si tratta di stupri di clienti su donne che si prostituiscono 

I carabinieri della stazione di Cellamare hanno arrestato un 33 enne di Bari Carbonara con le pesanti accuse di rapina e stupro ai danni di alcune prostitute 

 
Tentati stupri
Tentato stupro di una donna senza fissa dimora. Lei e l'amico che ha cercato di soccorrerla sono stati accoltellati 
 
Molestie sessuali
Gravi minacce
Si barrica in casa e minaccia di far saltare la bombola di gas della cucina alla presenza della moglie e dei suoi tre figli, ma il tempestivo intervento dei carabinieri evita la tragedia 
 
Insulti contro lo sportello antiviolenza
La notte scorsa abbiamo subito un vile atto di vandalismo - scrivono le volontarie -. Ignoti hanno imbrattato la targa del Centro Antiviolenza Duna . E' la seconda volta in un anno che subiamo atti di questo genere ma nonostante questo il nostro lavoro continua e si rafforza nell'intento di contrastare il maschilismo e la violenza insiti nella nostra società". 
 
Nel mese di gennaio si è inaugurato l'anno giudiziario e i quotidiani hanno offerto un resoconto sintetico di alcune relazioni. Apprendiamo così che nel  distretto giudiziario di Palermo (che include anche Trapani e Agrigento), gli omicidi volontari contro le donne nel 2014 sono aumentati di cinque volte rispetto al 2013, passando da 4 a 20 e i tentati omicidi da 12 a 19.
I reati di pedopornografia e pedofilia sono aumentati del 100%. Nel 2013   erano stati registrati 46 casi , diventati 91 nel 2014.
In notevole aumento anche i dati concernenti i reati contro la libertà sessuale, così come quelli di stalking: 550 nel 2013 e 689 quest’anno, con una crescita del 25%. 
Dall'inaugurazione dell'anno giudiziario a Brescia veniamo a conoscenza del fatto che, rispetto al 2013, si è registrato un incremento del 32,79% delle denunce di violenze sessuali (81 rispetto alle 61 dell'anno scorso), 8 delle quali commesse contro minori di 14 anni da familiari o da loro amici o dai vicini di casa.
I casi di stalking hanno subito un incremento, passando da 186 a 232. 
A Lecce è in crescita il numero dei procedimenti per violenza sessuale (124 nell’ultimo periodo analizzato, 99 in quello precedente), 21 dei quali riguardano i minori. Sono in aumento del 50 per cento i procedimenti per stalking. 
I quotidiani di gennaio, infine, hanno riportato i risultati inquietanti di un'indagine che ha coinvolto 73 studenti universitari dell'università del North Dakota, negli Stati Uniti. Il 32% dei partecipanti      ha dichiarato che avrebbe avuto “intenzione di costringere un donna a consumare un rapporto sessuale ‘se’ nessuno lo avesse mai saputo e se non ci fosse stata alcuna conseguenza”.